In occasione della recente uscita di Ansia Capitale, ultimo lavoro firmato Management, ho fatto qualche domanda a Luca Romagnoli, voce e penna del progetto capitanato dallo stesso Romagnoli e dall’amico Marco Di Nardo.

Seguendo il gruppo da parecchi anni, ho sempre molto interesse nei loro confronti e sono rimasto piacevolmente colpito dall’album (qui la recensione).

Ciao Luca, siamo una conoscenza di vecchia data e abbiamo anche condiviso il palco qualche anno fa, in provincia di Verona, ma nei panni di Scimmia Verde non mi ci hai mai visto e non mi rivelerò. È un piacere ritrovarti-vi e riascoltarvi.
Visto che, in realtà come sempre, il vostro ultimo disco, anche se lo fa con una bella camicia colorata e abbastanza abbottonata, denuncia la società attuale, voglio chiederti qual è il primo pezzo che avete scritto e se siete partiti prima dall’idea di un concept o se vi siete accorti a disco finito che il filo conduttore era questa ansia capitale del ritrovarci senza troppe prospettive future.

Siamo abituati a scrivere di quello che siamo e come ci relazioniamo a quello che ci circonda; delle paure e delle piccole gioie che nascono in noi quando ci muoviamo e viviamo all’interno dell’ambiente. È abbastanza naturale che in un periodo come quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni, sia nato un disco come questo.

Secondo te, questa situazione che “ci è piombata addosso” ha in qualche modo cambiato il nostro essere? Parli spesso di empatia nei tuoi testi o comunque la evochi con le tue parole. Credi che si sia smosso qualcosa o siamo rimasti i poveracci di sempre? Quel popolo arido e apatico che da anni cantate?

Si parlava, negli ultimi anni, di “uscirne migliori”, ma come si può migliorare in una situazione così estrema? In tutti i momenti storici in cui gli essere umani sono stati messi in condizioni di precarietà ed in pericolo di morte, si sono messi l’uno contro l’altro, è la natura. Si lotta per sopravvivere. Non dimentichiamoci che siamo bestie!

Se il vostro approccio, soprattutto in Ansia Capitale è così No Future, cosa vi spinge a continuare a fare quello che fate? Di fatto se denunci qualcosa è perché non lo accetti, per cambiare quella situazione. Avere “la certezza che domani sarà peggio di oggi” rasenta il nichilismo, come pensiero, eppure voi continuate a creare, e creare è creare bellezza perché spingete alla riflessione.

Pochi minuti prima di morire, si dice che Socrate si stesse esercitando al flauto per imparare una melodia. Gli chiesero a cosa servisse quel gesto e lui rispose semplicemente che voleva impararla prima di morire. La musica è questo per noi: un bisogno interiore. Quanto più è inutile quello che facciamo, più mi emoziona. Non è meraviglioso che non si possa mangiare una canzone, quando stiamo morendo di fame?

Cosa ti è mancato di più in questo biennio? E c’è qualcosa in cui ti senti cambiato?

Abbiamo scritto il disco nuovo e ci siamo preparati molto. Ci sono mancati soltanto i concerti.

Voglio complimentarmi con te, Marco e tutta la squadra che ha collaborato e lavorato a questo disco. In particolare “Un mondo al veleno” è il pezzo che più di tutti mi ha lacerato in due, perché è talmente diretto e reale che lascia letteralmente in ginocchio. La domanda vuol essere puramente pratica: com’è possibile scrivere una dichiarazione simile, a quattro mani? A me sa quasi di richiesta d’aiuto, non so verso chi o cosa, un grido (sottovoce) per svegliare le coscienze di chi sta vivendo avvelenato.

La risposta ad una domanda pratica sarà puramente pratica: il segreto è circondarsi di persone brave. Restare in silenzio ad ascoltare i maestri, piuttosto che sparlare ad una massa di stupidi. La cosa più bella del mondo non è la bellezza, è la bravura.

La Scimmia Verde

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