
Signore e Signori, figli della scena hardcore dei primi duemila, la lieta novella è giunta: Ivan Bolognesi (ex frontman degli Skruigners e, successivamente, de Gli Inutili) l’1 giugno 2025 ha sfornato il suo primo disco solista: “Il Cappellaio Matto”, anticipato dal singolo “Brividi Di Caldo”.
E siccome la Scimmia Verde di Suono Ibrido ha a sua volta una pesantissima scimmia sulla spalla legata a questo personaggio, si è presa la briga – e l’immenso piacere – di fare due chiacchiere col Bolognesi, per presentare al mondo questa sua prima opera che ammetto, senza nessun pudore, è come una carezza che graffia il cuore a chi aveva nostalgia di questa voce (e siamo in parecchi).
Ciao Ivan, innanzitutto grazie per essere tornato in carreggiata e per concedere agli amici di Suono Ibrido questa chiacchierata. La prima cosa che voglio chiederti è qual è stata l’urgenza che ti ha spinto a scrivere un disco da solo, dopo le esperienze con due band importanti nella scena punk del nostro Paese.
Ciao Alberto, grazie per avermi contattato innanzitutto. Brutto scrivere “ex frontman degli Skruigners”, in quanto la band non si è mai sciolta. Dorme, con l’ultima formazione che conoscete. Anche se uno ora canta invece che starsene dietro a spaccare timpani, uno cucina (credo droga ma non sono sicuro) e l’altro fa il papà a tempo pieno, peccato che il figlio suoni più di lui. Detto questo, in questi anni, dopo “Gli Inutili”, ho solo fatto un paio di collaborazioni che mi sono state chieste, Effetti Collaterali e Dr.Wesh. Appunto con quest’ultimo, c’è stata subito sinergia per quanto riguarda il comporre pezzi, sapendo lui strimpellare tutti gli strumenti, ed essendo molto bravo nel comporre basi. Così, da una collaborazione nata per il suo progetto, lo stesso giorno abbiamo creato “Nel Nulla”. Da qui l’idea di fare musica assieme.
Ora ci spostiamo di un paio d’anni, e arriviamo al dunque: di colpo, di getto, mi viene in mente di voler buttare fuori un lavoro solista, introspettivo e molto personale. Così sono andato a Roma da Francesco (aka Dr. Wesh), senza un testo in mente, senza una musica fatta, ma con tante idee, ed in 5 giorni abbiamo tirato fuori le altre 7 canzoni che mancavano.
Nella domanda mi parli di “urgenza”, e direi che il termine è adeguato: alla fine un musicista può star fermo anni, sembra non sentire la mancanza di comunicare creando qualcosa, poi di colpo esplode tutto, e diventa, appunto, un’urgenza.
È da un po’ che non ti si vede sul palco. Ti manca esibirti dal vivo?
Le ultime esibizioni live risalgono ai tempi de “Gli Inutili”. Sicuramente i live mi mancano, anche se non è una priorità ora come ora. Vedremo se diventerà un’urgenza, appunto.
Le sensazioni che si respirano live sono sicuramente uniche e irrinunciabili, questo posso dirlo.
“Sono a galla nel nulla, il mio panico mi culla” è esattamente quello che mi aspettavo (felicemente, ed è anche il mio pezzo preferito, per ora) di sentirti urlare, ammetto anche con un pizzico di (sana) preoccupazione quando leggevo sui social le tue anticipazioni sul disco, che – se la memoria non m’inganna – dicevi avrebbe spiazzato i tuoi vecchi fan. Un disco, mi pare di avvertire profondamente autobiografico, giusto? Partirei dalla foto che hai condiviso sui social e il riferimento “a quegli anni” che ti hanno spinto a diventare una voce fondamentale nel panorama underground italiano.
“Nel Nulla”, come ho scritto prima, è stato il primo pezzo creato degli 8. Infatti è quello che mentalmente è il filo conduttore tra passato e presente, di quelle sensazioni che non passano mai anche se razionalmente parlando si ha raggiunto un equilibrio e la cosiddetta felicità, o almeno ciò che più assomiglia ad essa.
Oggi è la seconda volta che sento parlare di “preoccupazione” per le mie dichiarazioni pre-album. Se ci pensate, in questo disco c’è il 5% di hardcore, e pure abbastanza melodico.
Sono contento sia stato recepito bene, anche perché posso cambiare genere di base, ma la mia voce, essendo sempre stata “mia”, senza imitare nessuno, ha un timbro comunque inconfondibile (nel bene o nel male, ovviamente).
L’album è al 100% autobiografico, ma ci tengo a ricordare scritto a 4 mani con Dr. Wesh. Essendo però totalmente personale e introspettivo, anche nella scelta di certe basi, è giusto che esca solo col mio nome al 100%, anche per non dare un fardello a chi ha contribuito in modo fondamentale alla creazione, ma che parla della mia vita in pratica.
Riguardo alla foto: quella è addirittura precedente a qualsiasi band che io abbia avuto. Forse avevo smesso di cantare in cameretta davanti ad un pubblico immaginario, e mi stavo preparando per renderlo concreto (inconsapevolmente).
Nel lato pratico, com’è stato realizzare un album completamente da solo? Anche nella distribuzione hai scelto la buona vecchia vena DIY. Quali i motivi, le difficoltà e le soddisfazioni?
Realizzare un album da solo, come ho scritto prima, non è propriamente vero se parliamo di musica. Non so suonare nulla, neanche i Ramones mi avrebbero preso al basso o alla chitarra; quindi, musicalmente dipendo da chi sa creare. Detto questo divento una specie di rompicoglioni ubriaco ai concerti, che va dal DJ a chiedere questo o quel pezzo. Insomma, nella mia testa ho una melodia, un mood, e tratto come juke box il malcapitato di turno.
Nella distribuzione semplicemente “non ho scelto”, nel senso che non ho voluto spingere se non da solo. Non so il vero motivo, forse perché un album creato in una band significa pensieri in comune portati in musica, molto generici, da condividere, e quindi non ci si sente soli diciamo. In un album solista sei solo tu, nudo, davanti ad uno specchio. Credo sia la prima volta che mi sono “spaventato” nel far uscire qualcosa. Il motivo non è ovviamente il fatto che possa piacere o meno, non me ne è mai fregato un cazzo a proposito, ma il fatto che ti senti senza difese diciamo. Sensazione strana.
“Il Cappellaio Matto” è un disco potente, che picchia duro nelle orecchie di chi ti ascolta, tanto vicino al tuo trascorso musicale quanto fresco nei suoni, che non puzza né di nostalgia né di stantio. Quanto ha inciso in questo, secondo te, l’essere passato dalla dimensione band alla dimensione solista?
Tantissimo. Perché il disco doveva piacere solo a me, e potevo fare il cazzo che volevo. Finalmente dittatore, anche se con zero sudditi. La cosa che mi più piace nei commenti, è che viene definito “potente” un disco che ha 3 pezzi su 8 che possono essere definiti tali. È la dimostrazione che la sensazione di “potenza” non l’ha per forza una roba martellante, ma un mood.
E ora? Cosa pensi di farne di questo album? Dai, sai già cosa vogliamo sentirci dire… pensi di portarlo anche live? So che probabilmente è presto ma, pensi ci sarà un seguito a questo disco?
Un seguito ci sarà sicuro. Ho in mente una parte 2 de “Il Cappellaio Matto” e un progetto diverso con Dr. Wesh, sempre a 4 mani ma roba “nostra” e non solo “mia”. Live? Non ne ho idea, per ora davvero non ho in progetto di portarlo live, ma potrei ripensarci se mi offrissero 2 milioni di dollari (valgono meno degli euro ma resto umile) e una villa a Malibù. Anzi, dopo l’ultimo viaggio direi casa a New York.
Ti rinnovo i ringraziamenti e i complimenti per un disco che ci voleva.
Grazie a te Alberto, salutami la scimmia, e ti ringrazio per i complimenti al disco. Ci voleva? Per me sicuramente sì, e questo è quello che conta.
La Scimmia Verde
